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Malattia coronarica: presto una diagnosi anche dal sangue

Un test basato sui risultati delle analisi del sangue, sarebbe utile per diagnosticare la malattia ostruttiva delle coronarie nei pazienti anziani. A metterlo a punto è stato un team di ricercatori della David Geffen School of Medicine dell’Università della California. Il metodo, elaborato dal dottor Joseph Ladapo, prende in considerazione anche un punteggio che valuta età, sesso ed espressione genica (ASGES – age, sex and gene expression score), ed è stato riportato sul Journal of the American Geriatrics Society. Solitamente, per valutare un disturbo alle coronarie, ci si sottopone un test di stress cardiaco (test da sforzo), ma la diagnosi può anche risultare errata. Ebbene, per questi pazienti diagnosticati in modo sbagliato il rischio di andare incontro a infarto e morte sembra maggiore della media.

Ladapo e colleghi hanno analizzato i dati di un sottogruppo di pazienti inclusi nel registro PRESET, uno studio osservazionale che ha preso in considerazione pazienti asintomatici visitati in 21 centri americani tra il 2012 e il 2014. In totale, dei 566 pazienti visitati a livello ambulatoriale con sintomi che indicavano la possibilità che ci fosse una malattia coronarica ostruttiva, 176 erano ultra-sessantacinquenni e sono stati tenuti sotto controllo per un anno. I ricercatori hanno raccolto informazioni su caratteristiche demografiche, cliniche, risultati del test ASGES, test cardiaci avanzati ed eventi avversi cardiaci importanti. Dai risultati sarebbe emerso che il punteggio ASGES medio era di 25 e il 23% dei partecipanti aveva un punteggio pari a 15 o più basso.

I ricercatori avrebbero quindi inviato il 12,5% dei pazienti con punteggi bassi e il 49,3% con punteggi più alti, ai test cardiologici avanzati. L’analisi del punteggio ASGES avrebbe mostrato che il tasso di invii al consulto cardiologico sarebbe aumentato in modo proporzionale con il punteggio. Per ogni aumento di cinque punti dell’ASGES, ci sarebbe stato un aumento di 1,4 punti nel tasso di invio dei pazienti. Infine, a un anno, l’incidenza di eventi cardiologici gravi sarebbe stata del 10% nel gruppo a punteggio alto e nulla in quello a punteggio basso. Il principale problema legato a questo studio, però, sarebbe però dovuto alla mancanza di un gruppo di controllo, come sottolineato da diversi cardiologi.

Il dottor Ladapo si esprime così: “Lo studio dimostra che il test messo a punto dai ricercatori può essere usato in modo sicuro ed efficace nei pazienti più anziani”. Pima di fare un test di stress cardiaco convenzionale, i colleghi cardiologi dovrebbero prendere in considerazione l’utilizzo di questo test quando visitano un paziente con dolore toracico o sintomi simili”. Il dottor Daniel Edmundowicz, primario della Cardiologia al Temple University Hospital di Philadelphia, commenta: “Non è chiaro che valore apporti questo punteggio agli attuali sistemi di valutazione. È risaputo che l’età avanzata e il sesso maschile sono fattori di rischio per la malattia coronarica, dunque non sembra ci sia un vantaggio nell’uso di questo punteggio, rispetto a una buona pratica clinica che valuta accuratamente la storia del paziente e gli esami obiettivi. Credo che ci sia bisogno di molti più dati per valutare meglio il reale beneficio di questo mezzo diagnostico”.

In attesa del verdetto, si riguardi la propria salute con ciò che si conosce.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, Medico specialista in Biochimica Clinica.

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