Ictus cerebrale: come avviene e cosa succede
Quando il flusso sanguigno cerebrale trova un ostacolo, il cervello non riceve abbastanza ossigeno e nutrienti. Se tale ostruzione non si risolve in tempi brevi, spontaneamente o tramite un intervento terapeutico, allora il tessuto cerebrale va incontro ad una sofferenza chiamata ischemia cerebrale. Se la sua durata è molto breve, inferiore ad 1 minuto, si parla di attacco ischemico transitorio (TIA) ed i suoi sintomi spariscono completamente entro 24 ore. Se l’ischemia supera i 5 minuti, allora si parla di ictus ischemico ed i sintomi clinici si possono protrarre per settimane o mesi, in dipendenza dell’estensione dell’area cerebrale colpita. Usualmente, solo una porzione di cervello subisce un danno ischemico severo; la ischemia cerebrale globale è più rara, ma anche più letale. Quando l’apparato cardiocircolatorio è preda di un’ipertensione duratura che non viene rilevata e/o curata, un diabete cronico (> 15 anni) in cui può coesistere insulino-resistenza, iperuricemia, iperlipidemia ed essere aggravato da forte tabagismo, i difetti circolatori possono diventare molto frequenti. Compare così la cerebrovasculopatia cronica, una patologia dell’anziano che può iniziare anche prima del raggiungimento dell’anzianità, se il terreno biologico viene indebolito da qualunque dei fattori suddetti.
Il nostro organismo (incluso il cervello), infatti, possiede delle difese dagli insulti esterni che si innescano continuamente per fronteggiare gli stress quotidiani. Ma nel caso di più fattori concorrenti, questi possono divenire insufficienti nel proteggere il tessuto cerebrale se sopravviene una ischemia. In tal caso, cominciano a comparire deficits cognitivi, rappresentando il primissimo campanello di allarme che ci informa del danno cellulare che è in corso. Anche semplice irritabilità non spiegata, difficoltà di concentrazione, turbe del sonno ed amnesie temporanee ricorrenti, possono essere le manifestazioni iniziali per una cerebrovasculopatia. Ma qual è il fattore che lesiona le cellule cerebrali? L’ischemia cerebrale transitoria impedisce l’afflusso di glucosio ed ossigeno alle cellule cerebrali; durante l’ischemia queste subiscono una deplezione di energia (ATP), i loro mitocondri non trovano ossigeno per la respirazione e il flusso di elettroni non trova l’accettore finale (che è proprio l’ossigeno). Quando l’ischemia termina ed ossigeno e glucosio ritornano a circolare, le cellule scaricano gli elettroni dei mitocondri sull’ossigeno in modo incontrollato, generando superossido. Questo inizia una catena di lesioni molecolari che sfociano in uno stress ossidativo.
La condizione di cerebrovasculopatia cronica mima parte dell’evento ischemico completo, ma in entrambe le situazioni si verificano gli stessi fenomeni molecolari. Quello che cambia è solo il fattore tempo: più a lungo dura l’ischemia, più grave sarà lo stress ossidativo. Quello che possono fare le cellule cerebrali è solamente tamponare con le loro difese dirette e quelle secondarie, sempre che il danno non sia così esteso da portarle a morte. Direttamente, il glutatione (GSH) è l’antiossidante che prima di tutti si esaurisce dalle scorte, seguito da enzimi come la catalasi che disattiva l’acqua ossigenata e alcune perossidasi, che disattivano i perossidi a spese del GSH. Quando però i radicali perossido incontrano le scorte cellulari di ferro si genera il radicale idrossile, una specie che non lascia scampo perché non esistono enzimi atti a neutralizzarla. E’ in questo caso che si verifica perdita di sostanza bianca visibile agli esami TAC nella cerebrovasculopatia cronica. I quadri di “ipodensità diffusa spongiforme”, come si legge dai referti medici post-TC, non è altro come dire: “lo stress ossidativo ha crivellato il cervello così tanto da renderlo una spugna”. A secondo delle aree cerebrali colpite, questo danno neuronale si traduce in sindrome depressiva, gravi turbe del comportamento e/o dell’umore, perdita della memoria, un quadro che è popolarmente conosciuto con la dizione “sindrome tipo-Alzheimer”.
Interventi: antiossidanti e stile di vita
Ma si può intervenire per impedire tutto questo? Questo dipende fortemente dalla correzione di cattivi stili di vita (fattori volontari), e la gestione disciplinata di patologie che costituiscono uno o più fattori di rischio. Una dieta che sia a base di alimenti con un buon contenuto di antiossidanti è fortemente raccomandata. Gli studiosi sono concordi all’unanime sulle proprietà protettive degli antiossidanti naturali (es. polifenoli), nei confronti delle cardiovasculopatie in genere. Studi decennali hanno ormai provato, sia in animali da esperimento che su pazienti, come l’assunzione di estratti ricchi di polifenoli siano efficaci nel prevenire o ritardare la comparsa delle vasculopatie. Tra questi i più efficaci risultano quelli di fragole, cacao, semi di uva, thè verde, propoli, gingko, melograno e frutti di bosco. Ma a parte l’alimentazione, risulta utile assumere integratori di antiossidanti per la prevenzione in toto e, ancora meglio, dopo che l’ischemia si è verificata lasciando danni? Senza dubbio la risposta è si. L’introito controllato, periodico o ciclico di agenti antiossidanti, non fa altro che arricchire le scorte endogene. In caso di ischemia cerebrale focale, dunque, le cellule cerebrali si ritrovano con un grado maggiore di molecole protettive cui possono attingere.
A) Sicuramente una molecola che può sia attenuare gli effetti di un’ischemia cerebrale, che migliorare il decorso post-lesione è l’acido lipoico. Pur essendo un fattore vitamino-simile che noi produciamo per alcune reazioni enzimatiche, a dosaggi farmacologici (>200mg) è un antiossidante cellulare molto potente. Esso è già indicato per il recupero funzionale durante il decorso post-ischemico ed è prescritto anche per le neuropatie su base diabetica. In caso di ischemia acuta, la sua somministrazione non dovrebbe essere ritardata (dopo 15-20 giorni dall’ictus), ma iniziata subito, poiché lo stress ossidativo esercita un danno irreversibile nel giro di minuti/ore e non giorni.
B) L’assunzione di integratori ad alte dosi di vitamina E è molto utile, sia nella prevenzione che nel trattamento postumo dell’ischemia nervosa, per almeno tre ragioni. Questa vitamina è liposolubile e non trova nessuna difficoltà a raggiungere la mielina. Secondo, ha la massima biocompatibilità e non sono noti effetti tossici da sovra-dosaggio. Terzo, esistono già studi clinici sulla sua sicurezza ed efficacia, del suo effetto anti-infiammatorio ed antiossidante nella materia cerebrale sottoposta ad ischemia. La vitamina E, inoltre, a livello cellulare dialoga con i sistemi ossido-riduttivi dipendenti dal glutatione, potendo rigenerare questo antiossidante endogeno maggiore.
C) Assumere integratori a base di coenzima Q non incontra alcuna obiezione. Per esercitare azione protettiva di tipo causale o anticipata sull’ischemia cerebrale, la dose deve essere maggiore di 50-100 mg, poiché il coenzima Q è utilizzato anche dai muscoli e dal cuore in particolare. Considerato che le cardiovasculopatie croniche sono il maggiore fattore predisponente alle ischemie cerebrali, assumere coenzima Q può giovare perciò sia al cuore che al cervello. Esso serve a tamponare alcuni effetti farmacologici negativi legate alla terapia con statine (che interferiscono con la sintesi cellulare proprio del coenzima Q). Studi clinici sulla sua efficacia, come agente singolo o combinato, esistono già e sono statisticamente significativi.
D) Un miglioramento delle funzioni nervose e cognitive può essere realizzato assumendo supplementi di acetil-carnitina e citicolina, due precursori di molecole strutturali delle cellule. Fortunatamente, essi sono già prescritti ai pazienti con cerebrovasculopatia cronica, sebbene non di routine. La loro prescrizione nelle sequele post-ictus è razionalmente corretta, essendo la fase ricostruttiva possibile solo dopo aver eliminato la componente morta (tessuto necrotico). L’acetil-carnitina, sperimentalmente, è anche capace di incrementare le riserve antiossidanti secondarie, stimolando la sintesi di enzimi. Un effetto terapeutico di queste sostanze è evidente solo per somministrazioni superiori agli 800mg/die. Sono anche pubblicati alcuni studi sull’efficacia della combinazione CoQ + citicolina nello stroke ischemico (bibliografia allegata).
In conclusione, una volta che l’ischemia ha causato il danno biologico, il fattore critico è solo il tempo: prima si inizia l’intervento protettivo, migliore sarà il decorso e la possibilità di recupero funzionale. Ne consegue, per logica, che assumere antiossidanti per i pazienti con cerebrovasculopatia cronica è sicuramente di beneficio, non solo per ritardare il fenomeno ma anche per rafforzare le difese antiossidanti in caso di ischemia grave acuta.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, specialista in Biochimica Clinica.
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