Il ferro è un elemento nutritivo vitale che integra vari processi fisiologici, tra cui il metabolismo, l’eritropoiesi, la funzione immunitaria e lo sviluppo cognitivo. Lo stato sistemico del ferro varia considerevolmente, con il ferro sierico con un coefficiente di variazione del 30,2% nei men e 36,2% nelle donne. Dato il ruolo cruciale del ferro, le deviazioni nei suoi livelli possono avere notevoli implicazioni sulla salute. All’estremità dello stato di ferro ci sono carenza di ferro e sovraccarico di ferro. L’anemia da carenza di ferro colpisce 1,2 miliardi di persone in tutto il mondo ed è responsabile di 34,7 milioni di anni vissuti con disabilità all’anno. L’eziologia della carenza di ferro comprende un’assunzione inadeguata di ferro nella dieta, un assorbimento alterato, maggiori perdite e un aumento dei requisiti come quello dovuto alla gravidanza. All’altra estremità dello spettro, il sovraccarico di ferro è più comunemente attribuito all’emocromatosi e al sovraccarico di ferro correlato alle trasfusioni di sangue, come nel trattamento della pre-leucemia o della talassemia. La natura modificabile e l’ampia variazione dello stato di ferro, sia nella popolazione sana che tra gli individui con livelli patologicamente bassi o alti, rendono le implicazioni cliniche dello stato di ferro una priorità di ricerca.
Gli studi osservazionali sugli effetti dello stato del ferro possono essere ostacolati dal confondimento di fattori ambientali non misurati e sconosciuti e da distorsioni causali inverse da risultati che influenzano lo stato di ferro. L’uso di varianti genetiche legate allo stato sistemico del ferro per studiarne gli effetti può superare questi limiti, perché la loro allocazione casuale durante il concepimento riduce al minimo il confusione e la loro presenza dalla nascita impedisce la causalità inversa. Studiando l’effetto sullo stato del ferro correlato ad alleli allocati casualmente, tale approccio di Randomizzazione Mendeliana (MR) è stato precedentemente utilizzato in analisi mirate per indagare l’effetto dello stato di ferro sul rischio di malattia di Parkinson, malattia coronarica e ictus. La MR può anche essere applicata a tratti attraverso il fenomeno umano, in un’esplorazione agnostica denominata studio di associazione a livello di MR-Fenome Wide Association Study (MR-PheWAS). Tale analisi consente un’indagine rapida ed efficiente delle potenziali implicazioni sulla salute attribuibili a variazioni dell’esposizione di interesse (come lo stato sistemico del ferro in questo caso) e fornisce indicazioni per ulteriori studi mirati.
In una serie di studi in fase iniziale che hanno esaminato i dati genetici di oltre 500.000 persone, un team di scienziati internazionali, guidato dall’Imperial College di Londra, ha esplorato il ruolo che il ferro svolge in oltre 900 malattie. I risultati rivelano non solo i livelli di ferro naturalmente più elevati associati a un minor rischio di livelli elevati di colesterolo, ma riducono anche il rischio che le arterie diventino viziate con un accumulo di sostanze grasse. Tuttavia, la ricerca, finanziata dalla Wellcome Trust, ha rivelato anche i potenziali rischi associati a livelli di ferro naturalmente più alti. Questi includevano un rischio più elevato di coaguli di sangue correlati al flusso lento del sangue – una causa comune di ictus – e un più alto rischio di infezione batterica della pelle. Il dott. Dipender Gill, autore principale dello studio della Scuola di Salute Pubblica dell’Imperial College, ha spiegato: “Il ferro è un minerale fondamentale nel corpo ed è essenziale per trasportare l’ossigeno attorno al corpo. Tuttavia, ottenere la giusta quantità di ferro nel corpo è un buon equilibrio: troppo poco può portare all’anemia, ma troppo può portare a una serie di problemi, incluso il danno epatico. Tuttavia, il nostro studio ha esaminato solo i livelli di ferro presenti nel corpo in relazione alla variazione genetica tra individui e non ha studiato l’effetto dell’assunzione di supplementi di ferro. Chiediamo a chiunque di parlare con il proprio medico prima di iniziare – o di interrompere – integratori a base di ferro”.
Negli studi, il team di ricerca ha utilizzato la Randomizzazione Mendeliana per studiare il legame tra i livelli di ferro e il rischio di malattia. In questo processo, hanno setacciato i dati genetici di migliaia di persone per identificare le “varianti” genetiche associate a livelli di ferro naturalmente più alti. Hanno poi studiato se le persone che portano queste varianti, chiamate polimorfismi a singolo nucleotide, avessero anche un rischio maggiore o minore di una serie di condizioni e malattie, come il colesterolo alto e l’aterosclerosi. I risultati, pubblicati sul Journal of American Heart Association e su PLoS Medicine, hanno rivelato che livelli di ferro naturalmente più alti erano associati a un ridotto rischio sia di colesterolo alto che di aterosclerosi. L’aterosclerosi è una condizione potenzialmente grave in cui le arterie si intasano con sostanze grasse. Questo può ridurre il flusso di sangue nelle arterie e in alcuni casi può portare a un ictus o un attacco di cuore. Tuttavia, il quadro è stato complicato da ulteriori risultati dello stesso studio, che hanno rivelato che alti livelli di ferro possono essere collegati a un rischio di coaguli correlati al lento flusso di sangue, che può aumentare il rischio di ictus e la trombosi venosa profonda della condizione.
E in aggiunta a questo, gli studi hanno anche rivelato che livelli di ferro più elevati possono anche essere collegati ad un aumentato rischio di infezioni batteriche della pelle. Questo potrebbe essere naturale, dato che il ferro è necessario alla replicazione cellulare. Diversi enzimi del metabolismo necessitano di questo ione per funzionare, incluso l’enzima RDPR che serve alla sintesi dei nucleotidi, le basi del DNA. Infatti, una classe di antibiotici che i batteri usano per farsi “la guerra” fra loro sono i siderofori, molecole a forma di chela che sequestrano il ferro in una forma non utilizzabile. Parimenti anche i funghi patogeni necessitano di ferro per crescere. Quindi oltre alle infezioni batteriche, i dati dello studio potrebbero applicarsi anche alle micosi. Il dott. Gill ha detto che questi risultati ora devono essere esaminati nelle sperimentazioni dei pazienti. Ha spiegato: “Questi studi rivelano nuove vie di ricerca e presentano molte domande: non siamo ancora chiari su come il ferro influenzi i livelli di colesterolo, restringe le arterie e formi coaguli di sangue, ma abbiamo qualche suggerimento: una possibilità è che i livelli più bassi di colesterolo possano essere legati al minore rischio di indurimento delle arterie. Inoltre, livelli più elevati di ferro possono causare la formazione di coaguli di sangue quando il flusso è ridotto, possibilmente spiegando la maggiore probabilità della loro comparsa”.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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