I virus sono agenti infettivi di dimensioni molto piccole. Non possono essere considerati microorganismi, poiché sono costituiti solo da proteine e da un unico tipo di acido nucleico (DNA o RNA, che può essere sia a doppio filamento, sia a singolo filamento). I primi microbiologi dell’Ottocento li definirono “cristalli viventi”. Non avendo tutto il complesso apparato multi-organico cellulare necessario a duplicarsi, i virus si servono di altre cellule (chiamate ospiti) nelle quali trasferiscono il loro materiale genetico sfruttando i meccanismi biologici della cellula ospite. Da questa sfrutteranno i mattoni di partenza per potersi riprodurre, ovvero gli amminoacidi per le proteine e i nucleotidi per gli acidi nucleici. Per tale ragione, i virus sono parassiti cellulari obbligati. La loro struttura è tale da garantirgli protezione dall’ambiente esterno e tale da permettergli di entrare nelle cellule ospiti. Questo fenomeno generalmente avviene per interazione fra una proteina presente nel capside del virus ed una proteina di superficie cellulare. I virus possono essere suddivisi in base all’acido nucleico che li costituisce; pertanto comprendono:
Virus a DNA; fra questi sono inclusi gli Hepadnavirus (responsabili delle epatiti virali), i Parvovirus, i Papillomavirus e gli Herpesvirus che tutti conoscono per via del loro essere causa della varicella e della sua temibile sequela, conosciuta meglio come fuoco di Sant’Antonio (Herpes Zoster)
Virus a RNA; alcuni dei membri di questa classe sono i Calicivirus, gli Ortomyxovirus, i Paramyxovirus, i Flavivirus, gli Arbovirus trasmessi da vettori animanli, i famosissimi Retrovirus cui appartiene il temibile HIV ed infine i Coronavirus.
Gli antivirali si dividono genericamente in inibitori di substrati o enzimi propri delle specie virali cui si rivolgono.
Farmaci antivirus influenzali: amantadina, in grado di contrastare il virus influenzale A; zanamivir e oseltamivir attivi contro i virus influenzali di tipo A e B, compresi i ceppi resistenti all’amantadina.
Farmaci antierpetici: aciclovir è l’antivirale di riferimento per la terapia anti-herpes. Ci sono poi valaciclovir, penciclovir e famciclovir che hanno uno spettro d’azione simile all’aciclovir, ma maggiori tossicità. Contro questi virus possono essere utilizzati anche l’idoxuridina e la vidarabina.
Farmaci antivirus epatici: sono la ribavirina, utilizzata nell’epatite cronica da virus dell’epatite C, e gli interferoni per il trattamento di diversi tipi di epatiti. Poi ci sono gli inibitori specifici della proteasi NS3 che sono stati approvati a partire dal 2010.
Farmaci anti HIV: Tra gli antivirali utilizzati contro il virus dell’HIV ci sono la zidovudina o AZT, il fosamprenavir e il ritonavir.
Farmaci contro i poxvirus: sono essenzialmente trifluridina e metisazone.
Non essendo tutti i virus uguali, in teoria ogni antivirale agisce su una di queste due classi di virus in modo abbastanza specifico. Non tutti i virus, ad esempio, possiedono la neuraminidasi per potersi far strada entrando nelle cellule. Questo enzima è posseduto dai virus influenzali, ma non dalla maggior parte degli altri virus conosciuti. Infatti, sono stati elaborati lo zanamivir e l’oseltamivir (Tamiflu), che sono specifici per il trattamento delle sindromi influenzali da ceppo A e B. Anche i Coronavirus autori dell’attuale pandemia non si servono di questo enzima, ecco perché non si è mai menzionato l’oseltamivir come potenziale farmaco di lotta. Di seguito si darà una descrizione sommaria dei più comuni antivirali presenti in commercio e contro quale patologia virale sono indirizzati.
Elenco degli antivirali più comuni o usati in clinica
Abacavir
L’abacavir (ciclopropil-aminopurinil-ciclopentene; ABC) è un analogo strutturale della guanosina (base del DNA) e agisce in competizione con i nucleosidi presenti in natura per l’incorporazione nel filamento del DNA dell’HIV durante la replicazione virale, causando l’inibizione della polimerasi virale e la terminazione della catena. Abacavir è indicato per il trattamento dell’AIDS in combinazione con altri farmaci per l’HIV come lamivudina e zidovudina. Raramente ha causato tossicità tale da proibirne l’uso clinico. Non ci sono dati che l’abacavir possa avere efficacia contro i coronavirus.
Acyclovir
L’aciclovir è un analogo nucleosidico purinico aciclico (acicloguanosina) che ha attività antivirale contro molti virus dell’herpes, tra cui herpes simplex 1 e 2, citomegalovirus, virus di Ebstein-Barr e varicella-zoster. L’aciclovir viene fosforilato per via intracellulare dalle chinasi virali e il trifosfato risultante compete con la guanosina per l’incorporazione nel DNA virale che blocca l’attività virale della DNA polimerasi. L’aciclovir è indicato per la terapia delle infezioni da herpes simplex localizzate e diffuse, sia di tipo 1 che 2. È anche usato per le infezioni da varicella-zoster (varicella e fuoco di Sant’Antonio). L’Acyclovir è stato approvato per l’uso nelle infezioni da virus dell’herpes negli Stati Uniti nel 1982 ed è ancora ampiamente usato nel trattamento e nella profilassi dell’infezione da herpes simplex genitale e mucocutaneo con quasi 5 milioni di prescrizioni ogni anno.
Adefovir
L’adefovir dipivoxil è un analogo nucleotidico aciclico dell’adenosina, usato da solo o in combinazione con altri agenti come terapia per l’epatite cronica B. La porzione di dipivoxil viene idrolizzata dopo l’assorbimento e l’adefovir è fosforilato dentro la cellula alla sua forma attiva, adefovir trifosfato, che è in competizione con il dexadenosina trifosfato da incorporare nel filamento di DNA del virus in crescita, causando l’inibizione della DNA polimerasi virale e la terminazione della catena. Adefovir è indicato per il trattamento dell’epatite B cronica come agente singolo e con lamivudina per l’infezione da HBV resistente alla lamivudina.
Lamivudina
La lamivudina è un analogo nucleosidico e un inibitore della trascrittasi inversa utilizzato nella terapia dell’infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV) e da virus dell’epatite B (HBV). La lamivudina è un L-enantiomero e analogo sostituito della citidina (2 “, 3” dideoossi-3 “-3-tiacitidina: 3TC) ed è attivo contro l’HIV e l’HBV in vitro e in vivo. La lamivudina viene fosforilata per via intracellulare con il trifosfato che compete con il regolare trifosfato citidinico per l’incorporazione nella crescente catena di DNA dell’HIV o HBV dalla polimerasi virale, inibendo così la polimerasi (o trascrittasi inversa). Nonostante i Coronavirus siano virus ad RNA come i Retrovirus, non si hanno dati che la lamivudina possa essere utilizzata contro di essi.
Tenofovir
Tenofovir è un analogo nucleotidico aciclico dell’adenosina, ma è scarsamente assorbito per via orale. Per questo motivo, viene utilizzato il profarmaco – tenofovir disoproxil fumarato – che viene ben assorbito dall’intestino, rapidamente idrolizzato a tenofovir per via intracellulare e quindi fosforilato nella forma attiva, tenofovir difosfato. Questo è un inibitore competitivo della trascrittasi inversa dell’HIV (e della polimerasi HBV) ed è anche incorporato nel filamento di DNA nascente che causa la terminazione della catena. Tenofovir è stato approvato per l’uso nell’infezione da HIV negli Stati Uniti nel 2001 e per l’uso nell’epatite B nel 2008. Le indicazioni cliniche includono il trattamento e la prevenzione dell’infezione da HIV, di solito in combinazione con altre trascrittasi inversa o inibitori della proteasi. Tenofovir è anche approvato per l’uso nell’epatite B cronica come singolo agente.
Ganciclovir e Letermovir
Il ganciclovir è un analogo nucleosidico acanico della guanosina strutturalmente correlato all’aciclovir che ha attività antivirale contro molti virus dell’herpes, inclusi l’herpes simplex 1 e 2, il virus Epstein-Barr e il varicella-zoster, ma è ampiamente utilizzato nella terapia delle infezioni da citomegalovirus (CMV). Il ganciclovir è fosforilato per via intracellulare dalle chinasi virali e il conseguente trifosfato compete con la guanosina per l’incorporazione nel DNA virale, bloccando l’attività virale della DNA polimerasi. A causa del requisito di attivazione da parte delle chinasi virali, il ganciclovir non è attivo nelle cellule non infette.
Il Letermovir è un potente inibitore del complesso di transferasi terminale del citomegalovirus (CMV) del DNA necessario per l’elaborazione e il confezionamento del DNA virale e la formazione di virioni maturi. Letermovir è unico nel colpire il complesso della transferasi terminale del DNA, mentre altri antivirali usati nel trattamento dell’infezione da CMV colpiscono la polimerasi virale (ganciclovir). Viene anche usato per prevenire la riattivazione del CMV nei pazienti immunocompromessi. Essendo attivi su virus a DNA, si esclude a priori che possano risultare attivi contro le infezioni da Coronavirus.
Ribavirina
La ribavirina è un analogo nucleosidico della guanosina che ha attività antivirale contro molti virus RNA e DNA in vitro, ma è stato riscontrato che ha effetti clinici nell’uomo principalmente contro i flavivirus, incluso il virus dell’epatite C (HCV), il virus respiratorio sinciziale (RSV) e forse i virus Ebola e Hanta. L’attività antivirale in vitro della ribavirina sembra essere mediata dall’esaurimento della guanosina intracellulare attraverso l’inibizione dell’inosina monofosfato deidrogenasi (un enzima necessario nella sintesi dei nucleosidi purinici). La ribavirina può anche avere effetti indiretti sulla replicazione virale causata dall’aumento dell’espressione genica indotta dall’interferone e dalla modulazione delle risposte immunitarie. La ribavirina è indicata come terapia aggiuntiva con interferone alfa o peginterferone in associazione con un inibitore specifico della proteasi dell’HCV (boceprevir o telaprevir) nell’epatite cronica C. È stato autorizzato anche nella terapia di mantenimento della sindrome respiratoria MERS del 2018.
Emtricitabina
E’ un analogo della citosina (5-fluorotiocitidina) ed è attiva sia contro l’HIV che contro l’HBV, essendo simile per struttura e attività alla lamivudina. L’emtricitabina è fosforilata intracellulare a emtricitabina 5’-trifosfato che compete con la dCTP naturale per l’incorporazione nel DNA dell’HIV da parte della trascrittasi inversa. Le attuali indicazioni includono il trattamento dell’infezione da HIV, la profilassi in caso di esposizione professionale, esposizione non professionale e trasmissione perinatale. Il farmaco è attivo anche contro l’epatite B (HBV), ma non è stata specificamente approvata per ciò. La combinazione di emtricitabina e tenofovir è utilizzata in molti attuali regimi antiretrovirali ed è considerata la terapia di scelta nei pazienti con coinfezione HBV-HIV.
Pimodivir
Questo è un nuovo inibitore non nucleosidico della polimerasi che prende di mira la subunità PB2 dei virus dell’influenza A, prevenendo la sintesi virale di RNA. L’attività precoce di pimovidir nel ciclo cellulare ha dimostrato di migliorare la vitalità cellulare rispetto a oseltamivir. Inoltre, è attivo contro un gruppo diversificato di virus influenzali A tra cui H1N1pdm, H5N1 e H7N9. Studi preclinici su topi hanno dimostrato protezione contro una sfida letale anche se somministrati 4 giorni dopo l’infezione con virus H1N1pdm o H5N1. Ulteriori studi hanno anche mostrato protezione contro una sfida letale utilizzando un virus H3N2. Nel dicembre 2019 è stato concluso uno studio clinico di fase 3 (NCT03381196) volto a valutare l’efficacia e la sicurezza di pimodivir in associazione con oseltamivir negli adulti a rischio di sviluppare complicanze.
Favipiravir
Precedentemente noto come T-705, questo derivato della pirazina carbossammide è un inibitore della polimerasi del virus dell’influenza. Come analogo nucleosidico purinico, favipiravir inibisce direttamente l’attività dell’RNA polimerasi RNA-dipendente e ha un’attività ad ampio spettro contro tutti i sottotipi di influenza compresi quelli resistenti e agli inibitori M2 nella neuraminidasi. Studi preclinici hanno dimostrato l’ampio spettro antivirale di questo composto contro diversi virus A e B dell’influenza umana e aviaria, inclusi i virus dell’influenza aviaria H5N1 e H7N9. Inoltre, i topi trattati con favipiravir hanno avuto un esito migliore dopo un’infezione da H7N9 rispetto ai topi trattati con inibitori della neuraminidasi.
Studi di terapia di combinazione hanno scoperto che questo farmaco agisce in sinergia con gli inibitori della neuraminidasi, per migliorare i titoli del virus polmonare e la sopravvivenza nei topi infettati da un virus influenzale pandemico H1N1 o con un virus dell’influenza aviaria H5N1. Ci sono dibattiti attuali sul possibile uso di questo farmaco nella lotta alla corrente pandemia di coronavirus. Potrebbe rappresentare un antivirale ad ampio spettro contro tutti i virus ad RNA, ma ci sono riserve e produzioni condizionate poiché gli studi sulla teratogenicità (induzione di malformazioni in gravidanza) sono risultati positivi.
Remdesivir
Questo antivirale è stato sviluppato originariamente dalla Gilead Sciences per trattare il virus dell’Ebola. Ma si scoprì successivamente che agisce contro altri virus ad RNA, come i Flavivirus, il virus della febbre Lassa, il virus respiratorio sinciziale (RSV) ed anche i coronavirus, da quello della SARS alla MERS, fino all’attuale SARS-CoV2. E’ un analogo dell’adenosina, progettato come un profarmaco. Non è cioè attivo per sè, ma deve essere enzimaticamente processato dalla cellula per trasformarsi nel metabolita GS-441524. Come tale, poi è un inibitore dell’RNA polimerasi RNA-dipendente virale. A causa della pandemia in atto, il remdesivir è stato protagonista sia di numerosi trials clinici controllati che applicazioni per uso compassionevole. I risultati sono stati contrastanti, ma si ritiene che in linea generale il farmaco possa giovare ai casi gravi di COVID-19.
Farmaci sperimentali
Idrossi-clorochina (HCQ)
L’HCQ è un noto farmaco, efficace nel trattamento della malaria e delle malattie autoimmuni (soprattutto l’artrite reumatoide), meglio noto a tutti nel nome commerciale Plaquenil. Più recentemente, è stato dimostrato un effetto antivirale in vitro su SARS-CoV2. Tra tanti farmaci sotto analisi per trattare l’attuale infezione COVID-19, l’HCQ ha il vantaggio di essere ampiamente disponibile per un gran numero di pazienti soprattutto per il suo costo molto basso. Ma in realtà non è una molecola antivirale diretta perchè non sembra attaccare alcun substrato proteico virale. Inizialmente si è pensato che la molecola agisse secondo il suo tradizionale meccanismo cellulare: ovvero, che neutralizzando l’acidità dei lisosomi impedisce la processazione delle particelle virali nascenti.
Studi più approfondati dell’anno scorso, invece, hanno svelato che esistono altri meccanismi con cui la HCQ può agire. Uno di questi è interferire con il traffico di membrana del recettore ACE2, quello che il SARS-CoV2 usa per entrare nelle cellule. Il farmaco turba la composizione delle zattere lipidiche (lipid rafts), aggregati di fosfolipidi, fosfolipidi e colesterolo, che quasi tutti i recettori di superficie usano per spostarsi lungo la superficie cellulare. Quindi, ancora una volta, la molecola non ha nessuna apparente bersaglio virale: imterferisce semplicemente con i meccanismi di entrata del virus e/o quelli di uscita delle nuove particelle virali. E’ stata impiegata tutto lo scorso anno in trials clinici combinati con remdesivir o favipiravir. Non ci sono prove tuttavia che serva alla profilassi del COVID-19.
Nitazoxanide
Il nitazoxanide (NTZ) è stato originariamente sviluppato e concesso in licenza come farmaco antiprotozoico per il trattamento dell’enterite causata da infezioni da Cryptosporidium e Giardia. Il nitazoxanide è un composto tiazolidico che viene rapidamente deacetilato nel sangue fino alla forma metabolica attiva tizoxanide. Oltre alla sua attività antiparassitaria, questo composto ha mostrato attività contro un’ampia gamma di virus tra cui i virus dell’influenza. Il meccanismo d’azione contro il virus dell’influenza si ottiene compromettendo il traffico di emoagglutinina virale (HA) in modo che il virus non possa usarla per penetrare nelle cellule. Il nitazoxanide è un esempio di farmaco riproposto con numerosi studi sull’uomo, che sta facilitando l’avanzamento di questo farmaco come trattamento per l’infezione da virus dell’influenza. Se fosse approfondito al riguardo, potrebbe superare metà del percorso necessario per farlo approvare contro le sindromi influenzali.
Niclosamide
Questo vecchio farmaco contro la parassitosi da vermi negli ultimi dieci anni si è ritrovato attore nella strategia di “drug repurposing” ovvero di re-indirizzamento farmacologico. Infatti, a parte come anti-elmintico è efficace come anti-infiammatorio al pari dei comuni FANS, è attivo contro la leucemia mieloide acuta (LMA) resistente al normale regime chemioterapico e contro ceppi di plasmodio della malaria resistente agli attuali farmaci. Ma pare avere anche attività antivirale. La sua preferenza sembra cadere sugli Arbovirus, i cui membri più famosi sono il virus Zika e Chikungunya, e sul virus della febbre Dengue che appartiene ai Flavivirus. Un’efficacia del farmaco è stata provata in passato anche per i Rhinovirus (raffreddore) e la SARS del 2003.
RK-33
Uno sviluppo interessante della ricerca è quello di colpire un bersaglio cellulare che molti virus usano per replicarsi, la elicasi DDX3. Questo enzima rimodella gli RNA, inclusi quelli virali, e anni fa fu vista essere necessaria alla replicazione dell’HIV, dell’HCV e del virus Dengue. Ricercatori della Monash University in Australia hanno sviluppato il farmaco RK-33 diretto proprio contro questo enzima. Con sorpresa, il gruppo ha potuto appurare che la DDX3X è necessaria allo sviluppo di altri virus come RSV, il parainfluenza tipo 3 (hPIV-3), il virus Zika, il Dengue sierotipo 2 e quello della febbre del Nilo (WNV). Questo vuol dire che, se approvato, il farmaco sarà un antivirale ad ampio spettro.
Esistono altre decine virali sotto studio ed altri che non sono stati trattati, perché con la presente recensione si intende dare solo un’idea delle possibilità che ci sono di fronteggiare alcune fra le più comuni infezioni virali del globo.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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