La sovrappopolazione e le gravidanze indesiderate sottolineano un bisogno critico di contraccettivi di nuova generazione che dovrebbero essere sicuri, convenienti, efficaci, convenienti e accettabili per persone di diversa estrazione culturale e religiosa. Tra tutti i contraccettivi attualmente disponibili, le “pillole orali” rimangono il metodo più diffuso. Tuttavia, le pillole contraccettive sono ora disponibili solo per le donne e nonostante cinque decenni di sforzi, non rimangono all’orizzonte pillole anticoncezionali maschili non ormonali. Il mancato sviluppo di contraccettivi maschili non ormonali deriva, in parte, dalla nostra comprensione incompleta della spermatogenesi e della biologia dello sperma. Ad esempio, molti credono che le pillole maschili dovrebbero sopprimere il numero di spermatozoi a molto basso o addirittura a zero per prevenire la gravidanza. Tuttavia, un blocco totale della produzione di sperma richiede l’esaurimento delle cellule spermatogene, che spesso causa il restringimento del testicolo, che è indesiderabile. Inoltre, l’esaurimento delle cellule germinali altera la composizione cellulare e il microambiente nel testicolo, che, a sua volta, tende a innescare il sistema di feedback ipotalamo-ipofisi-testicolo, portando a effetti collaterali sistematici.
In un nuovo documento pubblicato da Nature Communications, i ricercatori del Lundquist Institute (TLI) spiegano una strategia innovativa che ha portato alla scoperta di un composto naturale come agente contraccettivo maschile sicuro, efficace e reversibile in modelli animali preclinici. Propongono una strategia per disabilitare, invece di esaurire, le cellule spermatogene o lo sperma provocando la deformazione e / o la disfunzione dello sperma. Questa idea è stata ispirata da diversi decenni di studi sui geni che codificano proteine espresse esclusivamente in spermatidi allungati e allungati (Prm1, Tnp1, Spem1, Catsper1-4, Meig1, ecc.), Utilizzando modelli murini knockout (KO). Sebbene molti di questi maschi KO siano completamente sterili, il peso del loro testicolo, il numero di spermatozoi e persino l’istologia testicolare sono in gran parte normali e l’infertilità di questi topi deriva dalla deformazione dello sperma o dalla mancanza di componenti funzionali. Dato che le proteine codificate da questi geni sono espresse esclusivamente negli spermatidi tardivi, questi studi suggeriscono fortemente che la spermiogenesi tardiva sembra mancare di un “checkpoint” rigoroso per eliminare gli spermatidi tardivi difettosi.
Con questa idea in mente, i ricercatori intrapreso una vasta ricerca di farmaci candidati noti che sono stati documentati per causare la deformazione degli spermatozoi come effetto collaterale. Durante questo processo hanno identificato il triptonide, un composto purificato dagli estratti di un’erba cinese chiamata Tripterigium wilfordii, come un promettente agente contraccettivo maschile non ormonale. Questa erba è stata utilizzata per più di due secoli nella medicina tradizionale cinese per trattare una varietà di malattie autoimmuni e infiammatorie, inclusa l’artrite reumatoide. Tuttavia, è stato segnalato per la prima volta nel 1983 che gli uomini che assumevano questa miscela di erbe come medicinale per un periodo prolungato (>3 mesi) mostravano infertilità a causa di sperma deformato e conteggio e motilità degli spermatozoi ridotti. L’estratto conta più di una decina di molecole attive, tutte molto similari tra loro ma con effetti anche diversi da contesto a contesto. Fra i componenti, i ricercatori hanno individuato il responsabile nel composto chiamato triptonìde. Non a caso, infatti, originariamente un altro analogo, il triptocloride, era risultato anti-spermatogenico ma con effetti di tossicità epatica che hanno costretto i ricercatori ad accantonarlo.
Invece, quando hanno somministrato per 4 settimane il triptonìde a ratti maschi, l’analisi del liquido seminale ha evidenziato delle deformità a carico degli spermatozoi, ma nessun marker di alterazione epatica e, cosa molto più importante, nessuna alterazione a carico del sistema ormonale ipofisario (i livelli di LH, FSH e testosterone erano regolari). Sono stati condotti anche tests di somministrazione a lungo termine (a 3 e 6 mesi): come da regola i ratti sono diventati infertili alla quarta settimana e il fenomeno ha persistito per almeno 2-3 settimane dalla cessazione. Ancora una volta, il team non è riuscito ad evidenziare effetti tossici generali o a carico dei maggiori organi interni. Infine i tests descritti qui sono stati replicati in scimmie Cynomolgus con risultati finali quasi del tutto sovrapponibili. In una serie finale di esperimenti molecolari, i ricercatori hanno a che identificato i bersagli molecolari putativi del triptonìde nel sistema di contatto cellulare composto dalle proteine plakoglobina e tubulina-beta 4B, ed in proteine cellulari accessorie come la Hsp70-2 e l’enzima glicolitico lattato deidrogenasi (LDH).
I ricercatori, infine, hanno potuto notare che gli effetti del triptonìde ricapitolavano quelli del topo geneticamente privo del gene spermatico SPEM1. SPEM1 è localizzato principalmente sulla manchette, che è un apparato microtubulare unico per gli spermatidi allungati e allungati, e si ritiene che funzioni per facilitare il trasporto nucleo-citoplasmatico. In assenza di SPEM1, i processi di allungamento nucleare e citoplasmatico coordinati diventano non sincronizzati con l’allungamento nucleare che continua, mentre l’allungamento citoplasmatico cessa, portando alla flessione della testa seguita dalla coda che avvolge la testa piegata all’interno del citoplasma residuo. Il team, in conclusione, ritiene di aver identificato un contraccettivo naturale per l’uomo che non ha tossicità e soprattutto i cui effetti siano reversibili.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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