mercoledì, Marzo 22, 2023

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Of all the viral infections that affect humans, Epstein-Barr virus (EBV) is one...

La prevalenza dei distubi...

La sindrome dell'intestino irritabile (IBS) è una malattia cronica dello stomaco e dell'intestino...

L’impatto dell’abuso di alcolici...

Il consumo di alcol sembra essere una pratica umana diffusa. Bere fa parte...

Il virus tumoricida TVEC...

Il carcinoma mammario triplo negativo, che rappresenta il 15% dei casi di carcinoma...
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Epatite B (infezione da HBV)

Introduzione

L’epatite virale B è un’infezione del fegato causata da un virus a DNA appartenente al genere degli Orthohepadnavirus della famiglia degli Hepadnavirus. È uno dei virus più infettivi al mondo. Si trasmette attraverso l’esposizione a sangue infetto o a fluidi corporei come sperma e liquidi vaginali. Inoltre l’epatite B può essere trasmessa dalla madre infetta al neonato. La malattia provoca un’infezione acuta del fegato, che può evolvere in 4 modi diversi, a seconda delle condizioni immunitarie del paziente:

  1. completa guarigione con acquisizione dell’immunità dall’infezione (circa il 90% dei casi)
  2. epatite fulminante con mortalità del 90%; può richiedere il trapianto di fegato
  3. infezione cronica (5-10% dei casi), ossia persistenza del virus nell’organismo con danno epatico; in questo caso la malattia ha un andamento cronico e può compromettere la funzionalità epatica nel giro di 10-30 anni con l’eventuale insorgenza di cirrosi epatica o di carcinoma epatocellulare primitivo (di solito dopo che è già presente la cirrosi)
  4. stato di portatore inattivo: il virus persiste nel fegato ma non provoca danno epatico; può rimanere in questo stato anche tutta la vita, senza arrecare danni nemmeno a lungo termine. È anche poco contagioso per gli altri.

Epidemiologia

L’epatite cronica B (CHB) è l’infezione virale cronica più comune al mondo. La prevalenza globale dell’infezione da virus dell’epatite B cronica (HBV) è stata stimata intorno al 3,9% nel 2016, corrispondente a 292 milioni di persone in tutto il mondo.

Storia naturale della malattia

Le infezioni croniche da HBV sono generalmente asintomatiche per lunghi periodi (fino a decenni) poiché il virus si replica senza innescare una risposta immunitaria antivirale. Decenni dopo, viene generata una risposta immunitaria subottimale contro gli epatociti che esprimono l’HBV attraverso meccanismi ancora sconosciuti. La risposta dell’ospite è solitamente inadeguata per superare i meccanismi di persistenza virale, ma porta invece a infiammazione cronica, danni al fegato e malattie epatiche.

La sorveglianza e l’assistenza continua per l’infezione cronica da HBV sono complicate da fattori psicosociali, tra cui l’accesso limitato o la sfiducia nei confronti del sistema sanitario, gli oneri finanziari, lo stigma sociale e la discriminazione sistemica. Una cattiva cascata di risultati assistenziali: solo il 10% circa dei casi viene diagnosticato e solo il 3% circa viene adeguatamente trattato anche in alcuni paesi sviluppati. Pertanto, la malattia correlata all’HBV generalmente progredisce senza monitoraggio e uccide circa 880.000 persone ogni anno attraverso la cirrosi epatica e il cancro al fegato.

Modalità di trasmissione

Il virus dell’epatite B è molto resistente e si trasmette venendo a contatto con liquidi biologici, quali sangue e suoi derivati, sperma e liquidi vaginali infetti; la trasmissione può avvenire anche da madre infetta al bambino al momento del parto. La persona può contagiarsi con trasfusioni di sangue o emoderivati contaminati dal virus, ma più frequentemente mediante siringhe, aghi, strumenti e apparecchiature sanitarie non adeguatamente sterilizzate (agopuntura, tatuaggi, cure dentarie, manicure, ecc.) o anche con uso di spazzolini da denti, rasoi, forbici di soggetti infetti. La persona malata è contagiosa nella fase acuta, ma se la malattia diventa cronica (portatore cronico di HBV), il virus continua a replicarsi e la persona resta infettiva.

Sintomatologia e clinica medica

L’epatite virale B può decorrere in maniera asintomatica, soprattutto nei bambini. L’incubazione della malattia dura 2-6 mesi dall’infezione. I sintomi caratteristici possono esordire in modo più o meno grave. La malattia si manifesta con la comparsa di inappetenza, malessere generale, dolore muscolare, febbre e nausea. Dopo qualche giorno compare l’ittero, cioè la presenza di colorito giallognolo della pelle, dovuto alla aumentata concentrazione di bilirubina nel sangue a causa della diminuita funzionalità del fegato. Anche le sclere (la parte bianca dell’occhio) possono tendere al colore giallo. Altro segno caratteristico di malattia in atto è il colore delle urine, che si presentano scure come marsala, sempre per la presenza della bilirubina mentre le feci sono chiare.

Diagnostica medica

Dal momento che molti soggetti non sviluppano una sintomatologia classica, la diagnosi di epatite B si affida soprattutto agli esami del sangue. Non è raro infatti scoprire di avere l’epatite B, o di averla avuta in passato, solo grazie a esami del sangue effettuati per caso, ad esempio in occasione di una donazione del sangue. Gli esami disponibili per diagnosticare l’epatite B sono: ricerca degli antigeni specifici e/o degli anticorpi virali. Nelle prime fasi di infezione andranno ricercati:

  • l’antigene di superficie dell’epatite B (HBsAg), una molecola specifica del virus che si trova sulla sua superficie (rivestimento esterno) e compare circa 6-8 settimane dopo il contagio
  • gli anticorpi IgM per l’antigene core dell’epatite B (anti-HBc IgM), che indicano intensa replicazione virale.

La positività per HBsAg, oltre ad indicare la presenza di infezione in atto (acuta) depone anche per una cronicizzazione della malattia, se persiste oltre i 6 mesi dall’esordio dell’epatite. Sarà cura del medico effettuare controlli a distanza e monitorare la malattia nel tempo. Le persone con positività per HBsAg non possono donare il sangue. Nell’epatite virale risultano alterati anche altri parametri ematici, come gli enzimi epatici (GOT o AST e GPT o ALT), la fosfatasi alcalina, la bilirubina, le gamma-GT, le proteine sieriche, il tempo di protrombina etc. Esistono, infine, altri markers specifici di infezione, acuta o cronica o di avvenuta vaccinazione.

La presenza di HBeAg correlata alla replicazione virale attiva è indicativa della contagiosità del paziente. Considerando che la comparsa di anti-HBe indica il basso livello di replicazione virale ed è una forte evidenza per la risoluzione dell’infezione. Questi test vengono spesso utilizzati per determinare la fase di infezione da HBV cronico. La presenza di anti-HBs, infine, indica il recupero e l’immunizzazione contro l’infezione da HB sia mediante vaccino HB che infezione precedente. Si raccomanda di vaccinare le persone i cui parenti di primo grado o partner sessuali sono portatori cronici se i loro tripli test di screening sierologici sono negativi. Il titolo anti-HBs dovrebbe essere ≥10 mIU / ml per essere protettivo.

Trattamento

Il trattamento dell’infezione acuta da HBV è in gran parte di supporto e non serve terapia specifica soprattutto per la possibilità che il nostro organismo ha di eliminare spontaneamente il virus. Alcuni consigli per favorire una rapida guarigione:

  • riposo a letto per alcune settimane
  • evitare l’assunzione di farmaci
  • osservare una dieta leggera, ricca di liquidi
  • limitare il consumo dei grassi
  • preferire zuccheri e proteine
  • evitare le bevande alcoliche.

Molto recentemente (2018) sono arrivati dai di conferma che la silibinina (un costituente maggiore del cardo mariano, Sylibum marianum) può inibire l’entrata dell’HBV a livello delle cellule epatiche. E’ stato molto dibattuto sul ruolo protettivo degli estratti di cardo mariano sull’infezione da HBV. Questi sono stati tradizionalmente utilizzati solo nel mantenimento sintomatico della cirrosi epatica di varia origine; e non si era riusciti mai a dimostrare che la silibinina (o meglio la silimarina, il complesso polifenolico del cardo mariano) potesse inibire la replicazione dell’HBV.

Nei pazienti con epatite B cronica, la cura con i farmaci è finalizzata a migliorare la qualità della vita e la sopravvivenza, prevenendo la progressione della malattia verso la cirrosi, l’insufficienza epatica e il tumore. Ciò può essere ottenuto se si riesce a sopprimere la replicazione del virus. I farmaci attualmente approvati in Italia per il trattamento dell’epatite cronica B, possono essere prescritti solo da centri ospedalieri o universitari. Generalmente l’accoppiata iniziale è interferone + un derivato nucleosidico, che vengono somministrati per non meno di 9 mesi. Rispetto ai farmaci del passato, quelli di nuova generazione sono più tollerati e con meno effetti collaterali.

Prevenzione

Per impedire l’infezione da HBV la vaccinazione è sicuramente il metodo più efficace.

Il vaccino contro l’HBV è disponibile e può essere somministrato dalla nascita all’età avanzata. ENGERIX-B®, RECOMBIVAX HB®, HEPLISAV-TM sono tre vaccini a singolo antigene mentre PEDIARIX® e TWINRIX® sono due vaccini combinati autorizzati per l’uso negli Stati Uniti. I programmi raccomandati per il vaccino HBV sono i seguenti: vaccinazione a tre dosi a 0, 1–2 e 6–18 mesi di un vaccino monovalente HepB (Heplisav-B) per neonati; vaccinazione a tre dosi a 0, 1–2 e 6 mesi per la persona non vaccinata e due dosi alternative di Recombivax HB a 11-15 anni; vaccinazioni a due dosi di HepB a 18 anni e vaccinazione a tre dosi con Twinrix. Twinrix è una combinazione di vaccino HepA e HepB da somministrare a partire dai 18 anni di età.

Per ridurre la diffusione dell’infezione, la Regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda i programmi di vaccinazione contro l’epatite B universale per i bambini nati da madri HBsAg-positive, tutti i bambini entro le prime 24 ore dalla nascita, i bambini fino a 18 anni e adulti appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da HBV, ovvero persone con partner sessuali infetti, uomini omosessuali, pazienti in emodialisi, consumatori di droghe per via parenterale e operatori sanitari. Nel maggio 2016, l’OMS ha affrontato la prima strategia del settore sanitario globale sull’epatite virale 2016-2021 per porre fine alle nuove infezioni da CHB del 90% e ridurre il tasso di mortalità del 65% entro il 2030.

Un ciclo vaccinale in Italia, come da calendario vaccinale, consiste in tre somministrazioni, al 3°, 5° e 11° mese di vita del bambino. Non sono necessari ulteriori richiami. Per i nuovi nati di solito viene utilizzato il vaccino esavalente, che, oltre a proteggere dall’epatite B, previene anche la difterite, la poliomielite, il tetano, la pertosse e le infezioni invasive da Haemophilus influenzae B. Nei neonati da madre HBsAg positive la prima dose si somministra entro le prime 12-24 ore di vita, contemporaneamente alle Ig specifiche. Il ciclo va completato con la seconda dose a distanza di 4 settimane dalla prima; a partire dalla terza dose, che deve essere effettuata dal 61° giorno, si segue il calendario con il vaccino combinato esavalente (5° e 11° mese).

Negli adolescenti e negli adulti si somministrano tre dosi al tempo 0 e dopo 3 e 6 mesi. Dall’introduzione della vaccinazione in Italia (nel 1991) a oggi i nuovi casi di epatite B si sono ridotti dell’80% nei gruppi di età destinatari dell’intervento vaccinale (0-14 e 15-24 anni). Se c’è la consapevolezza di essere entrati accidentalmente a contatto con il virus è importante chiamare immediatamente il medico. Un trattamento con immunoglobuline specifiche entro le 24 ore dal contagio, abbinato ad una vaccinazione con successivi richiami, può proteggere il malato dallo sviluppo dell’infezione. La malattia può essere prevenuta, comunque, adottando corretti comportamenti quali:

  • usare il preservativo nei rapporti sessuali con partner sconosciuti o portatori di HBsAg
  • evitare lo scambio di siringhe usate
  • evitare lo scambio di oggetti personali quali spazzolino da denti, forbicine, rasoi, tagliaunghie, siringhe riutilizzabili
  • in caso di tatuaggi, fori alle orecchie o in altre parti del corpo (piercing), pratiche estetiche che prevedano l’uso di aghi, accertarsi delle condizioni igieniche dei locali in cui vengono eseguiti e pretendere l’uso di aghi usa e getta
  • esistono, inoltre, precise indicazioni per gli operatori sanitari da adottare nell’assistenza ai pazienti per evitare il contatto con il sangue e i liquidi biologici eventualmente infetti.

Complicanze

Nella maggior parte dei casi la malattia guarisce e nel sangue rimane la presenza di anticorpi anti-virus dell’epatite B, che testimoniano l’avvenuta infezione. In un certo numero di casi, però, per fattori non ancora chiariti, il virus continua a replicarsi e a produrre particelle infettanti chiamate “antigeni” (HBsAg, HBeAg), gli anticorpi protettivi non si formano, e in tale situazione il soggetto può trasmettere l’infezione ad altre persone, la sua malattia può cronicizzare ed evolvere verso quadri clinici di grave compromissione epatica.

In questi casi è importante eseguire periodicamente, sotto controllo medico, esami della funzionalità epatica. Non sono rari i casi in cui un soggetto scopra di essere positivo per gli anticorpi anti-HBV (indice di guarigione) o per gli antigeni (indice di replicazione virale e di potenziale infettività) e non ricordi di aver mai avuto l’epatite virale B. Ciò è possibile perché, per fattori non ancora chiariti, l’epatite virale B non sempre si manifesta con i classici sintomi e decorre in modo inapparente. Infine, l’epatite B è uno dei fattori di rischio maggiori per la comparsa di tumore epatico (HCC).

Prevenzione per il carcinoma epatico

L’HBV rappresenta circa il 45% dei casi di carcinoma epatocellulare (HCC), la quarta causa di morte per cancro globale, e il 30% della cirrosi che causa quasi un milione di decessi ogni anno. Il maggior numero di casi di HCC nel world si trovano in Asia sia per il più alto tasso di incidenza che per la più grande popolazione mondiale. La maggior parte delle cause di HCC in Asia è l’epatite B cronica. La misura più efficace per prevenire l’HCC correlato all’HBV è la prevenzione primaria attraverso la vaccinazione universale per l’HBV.

La trasmissione da madre a figlio o verticale durante il periodo perinatale è la modalità più comune di infezione da HBV nella maggior parte dei paesi asiatici, in cui il programma di vaccinazione neonatale universale per l’HBV a livello nazionale è stato implementato con successo dalla metà degli anni ’80 (Taiwan) o all’inizio degli anni ’90 (Corea del Sud). Pertanto, il numero di neonati coperti da vaccinazione anti-HBV altamente efficace è aumentato drasticamente entro pochi anni dall’attuazione del programma di vaccinazione a livello nazionale.

Sebbene il programma di vaccinazione universale contro l’HBV sia stato implementato con successo per quasi tre decenni in molti paesi asiatici, la prevalenza dell’infezione da HBV è ancora elevata tra coloro che sono nati prima della disponibilità del vaccino. Tuttavia, la maggior parte dei decessi correlati a malattie del fegato e cancro del fegato si verificano in adulti di mezza età e anziani non vaccinati. Una questione molto controversa è se tutti i tipi di farmaci nucleosidici siano altrettanto efficaci nella prevenzione dell’HCC. Attualmente, entecavir e tenofovir disoproxil fumarato (TDF) sono stati ugualmente raccomandati dalle linee guida internazionali data la loro elevata barriera genetica alla mutazione resistente e maggiore efficacia rispetto ai NUC di vecchia generazione come lamivudina e adefovir. Tenofovir alafenamide (TAF) è stato recentemente aggiunto a uno degli agenti di prima linea per il trattamento dalle linee guida internazionali.

Un’ulteriore riduzione del rischio di HCC può essere ottenuta controllando i fattori di rischio modificabili per HCC, compreso il consumo di alcol, il fumo e la sindrome metabolica. Il consumo eccessivo di alcol è di per sé un fattore di rischio indipendente per l’HCC. Uno studio di Taiwan ha dimostrato che il consumo eccessivo di alcol aveva un rischio aggiuntivo di HCC nei pazienti con epatite B. Pertanto, l’assunzione incontrollata di alcol può annullare l’effetto preventivo dei farmaci nucleosidici nei pazienti affetti. Il diabete è anche indipendentemente associato ad un aumentato rischio di HCC nei pazienti con epatite B cronica. A parte le aree asiatiche dove la prevalenza è ancora maggiore anche per il contributo di micotossine (aflatossina B1) negli alimenti, il consumo di alcolici a livello mondiale è un contribuente generale di maggiore rischio di carcinoma al fegato.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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