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Rischio leucemia da sigaretta: le conferme e gli ultimi aggiornamenti della ricerca

I primi sospetti di un’azione causale fra esposizione a fumo di sigaretta e comparsa di leucemia risalgono a quasi 40 anni fa (Paffenbarger RS et al., 1978; Hirayama T, 1979), ma non ci sono mai stati approfondimenti fino agli anni ’90. Questo può essere dipeso dalla rinomata e, sicuramente, più studiata associazione fra tabagismo cronico e carcinoma polmonare. Il fumo di sigaretta è anche notoriamente associato al tumore oro-faringeo, all’esofago e gastrico, come confermato da centinaia di pubblicazioni al riguardo. Ma è stato a partire da metà degli anni ’80 che l’interesse si è svegliato, focalizzandosi su un fenomeno ancora più delicato: l’associazione fra esposizione tabagica voluttuaria nelle donne gravide e rischio di tumore fra i nascituri. Questo è stato confermato pienamente: non soltanto fra le madri, ma fumare regolarmente in gravidanza raddoppia il rischio di comparsa di leucemie fra i bambini in età pediatrica. Non sempre questo coincide con la comparsa di una forma leucemia vera, anche se in diversi casi questo è successo. È chiaro che è possibile che il fumo di sigaretta possa mai incidere sullo sviluppo di forme tumorali nei bambini; il rischio relativo non coincide mai con comparsa dell’evento.

Dalla raccolta di primi dati statistici ed epidemiologici, l’interesse per l’associazione fra tabagismo e comparsa di leucemia è cresciuto parecchio fra gli oncologi. Delle buone rassegne di quel periodo lo descrivono in dettaglio (Severson RK, 1987; Wald N, 1988; Brownson RC, 1989). Ma in che modo il fumo di sigaretta può indurre la comparsa di leucemia nell’uomo? È noto che dalla combustione del tabacco si sprigionano più di 300 composti chimici. Per lo più questi vanno a intaccare direttamente le strutture oro-faringee, respiratorie e gastriche, ove possono esercitare direttamente lesioni cellulari. Queste sono inizialmente di tipo infiammatorio (effetto promotore), come la nicotina stessa e l’acroleina. Ma ci sono sostanze direttamente cancerogene che possono attraversare queste strutture, grazie alla loro solubilità nei grassi: sono gli idrocarburi policiclici (PAH). Si tratta si sostanze presenti a livello ambientale, prodotti per combustioni di materiale organico ad alta temperatura. L’ironia che attornia questi composti è che di per sé non sono affatto cancerogeni; anzi, risultano chimicamente quasi inerti; solamente dopo loro attivazione metabolica essi acquisiscono azione oncogena.

Una volta entrati in circolo, possono venire captati potenzialmente da qualsiasi tipo di tessuto, anche se la preferenza è ovviamente a livello del fegato, molto ricco di citocromi P450.Si tratta di enzimi che ossidano o trasformano moltissimi substrati, sia naturali che sintetici (es. farmaci) e gli idrocarburi policiclici non fanno eccezione. È così che benzopirene, fluorantrene e dibenzo-antracene (i più diffusi e conosciuti) vengono trasformati in composti più solubili ma, sfortunatamente, anche in grado di interagire col DNA e provocare mutazioni. La presenza di addotti PAH-DNA in linfociti umani prelevati da soggetti fumatori stata dimostrata da diverso tempo. La maggior parte degli studi sono stati eseguiti su globuli bianchi prelevati dal sangue periferico, ma non è noto se i PAHs possono raggiungere significativamente il midollo osseo ed ivi esercitare i loro effetti. Per idrocarburi aromatici più semplci come il benzene, questo è stato provato decenni fa: il benzene può subire metabolizzazione midollare e trasformarsi in derivati attivi (orto-fenolo, idrochinone, triossi-benzene) che causano mutazioni al DNA. Il fatto che non si arrivi subito alla leucemia deriva dal fatto che queste sostanze inizialmente uccidono le cellule midollari; solamente nel tempo il danno genetico si stabilizza.

Un altro agente, presente nel fumo di sigaretta che è stato provato causare mutazioni è una molecola molto semplice ma che provoca lesioni cellulari dirette: è l’aldeide formica o farmaldeide. Può modificare direttamente, infatti, sia proteine che acidi nucleici impedendone la degradazione. Questo principio la vede protagonista nella conservazione permanente di pezzi anatomici e di imbalsamature (volgarmente la si conosce come “formalina”). Modifiche nel DNA indotti dalla formaldeide sono stati dimostrati in vitro, negli animali da esperimento ed in biopsie polmonari prelevate da soggetti, vivi o deceduti, con storia di tabagismo. La formaldeide è stata universalmente riconosciuta come cancerogena da agenzie internazionali come EPA, IARC ed OMS, e la sua azione leucemogena è parimenti provata. Il suo effetto, tuttavia, non è immediato. Essa agisce da promotore tumorale, ovvero provoca primariamente un’infiammazione cronica, sulla quale può svilupparsi successivamente instabilità del patrimonio genico. Essendo un’aldeide provoca anche legame crociato con le proteine tissutali cui viene a contatto. Nel caso di recettori cellulari, la loro azione cellulare può venirne compromessa in modo irreversibile. Parimenti, la sua azione interferente delle vie cellulari rigenerative delle cellule staminali midollari (ERK2, c-Akt, NFkB e TGF-beta) è stata dimostrata in svariati contesti.

La letteratura più recente, ha ormai provato e confermato la relazione esistente fra fumo di sigaretta e rischio di leucemia. Per conoscenza si citano una meta-analisi pubblicata dai Dipartimenti di Medicina Interna e di Ematologia dell’Università di Henan, in Cina, nel 2017; ed un’altra pubblicata sempre da un gruppo cinese dell’Università di Zhejiang nel 2019. Nel primo lavoro, si conferma dalle analisi degli studi pubblicati sui motori di ricerca EmBase, Cochrane e Pubmed che i fumatori cronici hanno un rischio maggiore di sviluppare leucemia mieloide cronica (LMC); l’effetto dipende da fattori cumulativi, soprattutto per coloro che fumavano 20 sig/die o più, ovvero di accumulo cronico di composti citotossici. Infatti, il rischio risulta inferiore fra i non fumatori e fra coloro che hanno smesso di fumare, indicando che esiste una soglia di reversibilità. La seconda recensione ha esaminato il rischio di leucemia mieloide acuta (LMA) legato al tabagismo cronico. Questa meta-analisi includeva 20 studi caso-controllo, coinvolgenti 7.538 pazienti con leucemia mieloide acuta e 137.924 controlli sani. I fumatori attuali (p=0,392) e i fumatori duraturi (p=0,036) avevano una significativa suscettibilità alla LMA, specie fra le etnie caucasiche.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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