Solo perché avete smesso di fumare cinque, dieci o venti anni fa non significa che siete fuori dal mondo, quando si tratta di sviluppare un tumore ai polmoni. Queste sono le notizie “cattive”. La buona notizia è che il rischio di cancro al polmone diminuisce sostanzialmente entro cinque anni dallo smettere. Queste sono le conclusioni degli studi eseguiti fino ad oggi, di cui un corposo contributo è stato dato da ricercatori del Vanderbilt University Medical Center che hanno utilizzato i dati clinici presi dal Framingham Heart Study, un punto di riferimento per i clinici che comprende decenni di records clinici su decine di migliaia di pazienti. Da questo database gli scienziati hanno contribuito a confermare che la pressione alta e il colesterolo alto sono reali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Ma ha anche monitorato i risultati del cancro, perché i pazienti di questo database sono stati seguiti per un periodo che spazia dai 25 ai 35 anni.
Durante questo lasso di tempo, sono state registrate 284 diagnosi di tumori polmonari, circa il 93% dei quali si sono verificati tra i forti fumatori, quelli che avevano fumato almeno un pacchetto di sigarette al giorno per 21 anni o più. Cinque anni dopo aver smesso di fumare, il rischio di sviluppare un cancro ai polmoni negli ex fumatori pesanti è sceso del 39% rispetto ai fumatori attuali e ha continuato a diminuire col passare del tempo. Eppure, anche a 25 anni dalla cessazione, il rischio di cancro ai polmoni è rimasto più di tre volte superiore rispetto a chi non aveva mai fumato. Lo studio Framingham è unico perché chiedeva alle persone di fumare ogni due o quattro anni e poteva spiegare aumenti o diminuzioni nel fumo nel tempo. Ma le attuali linee guida, che prevedono la copertura assicurativa dello screening del cancro del polmone per i fumatori attuali ed ex, escludono coloro che non hanno fumato per 15 anni o più. Eppure 4 dei 10 tumori in forti fumatori nello studio si sono verificati più di 15 anni dopo la loro uscita.
Non si può escludere che, anche se si smette di fumare si è immuni da altre cause che possono contribuire alla comparsa di un tumore polmonare. Decine di studi scientifici hanno confermato che l’inquinamento urbano ed industriale possono causare neoplasie polmonari date dall’esposizione a particolato, polveri sottili, metalli pesanti e così via. L’area di residenza perciò potrebbe influire sul processo. Ma perché il rischio non diventa nuovamente zero o quasi? La risposta viene dalla Biologia. L’esposizione a potenziali sostanze mutagene del fumo di sigaretta per anni può, al meglio, non causare la comparsa di un carcinoma polmonare ma “prepara” il terreno cellulare aumentando la frequenza di mutazioni del DNA. Solo se queste interessano zone critiche (gli oncogeni), la probabilità di trasformazione sale vertiginosamente. Ma è chiaro che più è lungo il tempo di esposizione alla sigaretta, più è probabile che le sostanze mutagene e cancerogene possano andare a colpire regioni “calde” del patrimonio genetico.
Con danno e beffa, tra le centinaia di sostanze isolate nel fumo di sigaretta, ve ne sono alcune che possono modificare lo stato stesso di stabilità della cromatina. Questi composti modificano l’epigenoma, il complesso di modifiche enzimatiche apportate al DNA per renderlo normalmente operativo. Quindi, a parte le mutazioni potrebbero sommarsi modifiche a carico di geni che dovrebbero “tacere” mentre invece vengono risvegliati e, viceversa, spegnere geni che servono magari ad impedire una trasformazione tumorale. E queste modifiche epigenetiche non si risolvono nel giro di qualche settimana o mese: alcune di esse vengono tramandate nel tempo. Questo fa campire che mentre l’importanza della cessazione del fumo non può essere sopravvalutata, gli ex-fumatori pesanti devono rendersi conto che il rischio di cancro ai polmoni rimane elevato per decenni dopo aver fumato l’ultima sigaretta. Quella che non va sottovalutata, invece, è l’importanza dello screening periodico del cancro del polmone.
Quindi, anche se si smette di fumare, non ci si deve adagiare sugli allori ma tenere ancora la cresta all’erta e lavorare sullo stile di vita. L’alimentazione può dare una mano al riguardo: già trent’anni fa la ricerca aveva provato che un’alimentazione ricca di vitamina A, licopene (il pigmento dei pomodori) e di vitamina C proteggeva dagli effetti tossici e mutageni del fumo di sigaretta. Considerando che ci troviamo nell’area mediterranea, non sarà difficile scoprire cosa mettere a tavola per approfittarne.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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