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La questione dei conservanti alimentari oggi: consapevolezza e sicurezza impongono alternative

Dato che gli alimenti vengono trasportati a livello internazionale e che i clienti si aspettano un periodo di conservabilità prolungato per molti di essi, c’è una maggiore necessità di conservanti per prevenire il deterioramento. Se i prodotti alimentari contaminati raggiungono il consumatore, le conseguenze possono essere di vasta portata e potenzialmente gravi. È per questo motivo che l’industria alimentare deve rispettare rigide norme di qualità per salvaguardare il pubblico. Una varietà di additivi viene utilizzata per ridurre il deterioramento degli alimenti a causa della contaminazione con microrganismi. Tipicamente, una gamma di conservanti chimici viene utilizzata anche nella produzione alimentare, come benzoato di sodio, acido citrico, nitriti, solfiti, sorbati di sodio e potassio. Additivi e conservanti sono progettati per proteggere i consumatori. Tuttavia, crescono le preoccupazioni sulla potenziale tossicità dei conservanti chimici e vi è una tendenza verso i clienti che cercano alimenti senza additivi chimici. Ciò ha intensificato la ricerca di conservanti presenti in natura.

In particolare, è desiderabile identificare agenti antibatterici e antifungini non chimici, poiché batteri e funghi di origine alimentare rappresentano una potenziale minaccia per la salute. È bene ricordare, però, che la lista approvata dei conservanti alimentari (E100-E1525) contiene già dei membri di origine completamente naturale. Esempi ne sono l’E200 o acido sorbico che è contenuto naturalmente nei corbezzoli ed altri frutti; oppure l’acido lattico (E270) e l’acido propionico (E280) che sono presenti naturalmente nei prodotti caseari; o l’estratto di rosmarino (E392), che è attivo contro il, Bacillus cereus e la Listeria monocytogenes, due batteri che rovinano i cibi e causano tossinfezioni alimentari. Purtroppo, alcuni microrganismi patogeni e deterioranti sono diventati resistenti ai conservanti chimici tradizionali, quindi sono necessari nuovi composti per garantire la sicurezza e la freschezza dei nostri alimenti. Svariati peptidi antimicrobici, come lattoferrina e nisina, sono stati principalmente isolati dal latte, per proteggerlo dai patogeni tra cui Staphylococcus aureus, Escherichia coli e muffe.

È da sottolineare che la nisina è una piccola proteina antibiotica che è già nella lista dei conservanti (come E234) e la si ritrova negli yogurt, preparazioni alimentari liquide e prodotti da pasticceria. Recentemente, è stato scoperto che i lattobacilli come i Lactobacillus plantarum o il paracasei o il pentosus e rhamnosus producono una gamma di metaboliti che hanno proprietà antifungine e antimicrobiche. Tali composti comprendono dipeptidi ciclici, batteriocine, acido fenilattico e acidi grassi 3-idrossilati. I batteri lattici non sono i dannosi per i mammiferi e si presentano naturalmente in molti prodotti alimentari. Sono quindi identificati candidati promettenti per l’isolamento di composti che potrebbero fornire alternative naturali ai conservanti chimici, per proteggere i prodotti alimentari dalla contaminazioni pericolose. Tuttavia, nonostante tale potenziale, l’uso di batteri lattici nell’industria alimentare per proteggere dai microrganismi è stato limitato. Il L. plantarum isolato dal kimchi, un tradizionale prodotto vegetale fermentato coreano, ha dimostrato attività antimicrobiche contro batteri Gram-positivi, Gram-negativi, nonché muffe.

Queste attività non sono andate perse in caso di esposizione all’acidità gastrica e alla bile e non presentano rischi per la salute a causa della resistenza agli antibiotici. Il metabolita più attivo che produce è l’acido 3-idrossi-5-dodecenoico I suoi effetti antimicrobici sono stati potenziati quando è stato usato in combinazione con acidi lattico e acetico. Si ottengono così effetti battericidi e fungicidi contro Bacillus cereus e Aspergillus fumigatus. La seconda è una pericolosa muffa che produce alcune micotossine, sostanze che sono tossiche per sistema nervoso, reni, fegato e intestino. La sua efficacia antimicrobica è stata raggiunta a concentrazioni molto inferiori a quelle richieste con un conservante chimico comunemente usato, il benzoato di sodio. Potrebbe quindi offrire risparmi sui costi oltre ai benefici per la salute. Altri acidi organici, acido lattico e acido acetico sono stati identificati come componenti attivi antimicrobici e antifungini. I loro sali di calcio, sodio e potassio sono stati usati sin dagli anni 50 come conservanti del pane e rientrano già nella lista ufficiale (E260-264, E270-283).

Per rassicurare ulteriormente gli affezionati lettori, si sappia che molti ceppi di Lactobacillus plantarum o sanfranciscensis o alimentarius ed helveticus, per citarne un paio, sono normali contaminati delle farine (sono i batteri fermentanti del “lievito madre”) e si ritrovano in altri prodotti fermentati consumati regolarmente, come lo yogurt ed il kefir. Tanto basta a rassicurare ancor di più e togliere dubbi residui.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Pubblicazioni scientifiche

Mun SY et al. LWT – Food Sci Technol. 2019; 14:108403.

Krivorotova T et al. Biotechnol Prog. 2017; 33(1):245-251.

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